venerdì 19 ottobre 2007

Tappare la bocca a Internet?

Siluro sparato dal Governo contro la rete in pieno agosto e approvato formalmente dal Consiglio dei ministri lo scorso 12 ottobre.
La novità è presto detta: qualsiasi attività web dovrà registrarsi al ROC, ossia al Registro degli operatori di Comunicazione, se il disegno di legge si tradurrà in una norma a tutti gli effetti. Registrazione che porta con sé burocrazia e procedure.
Ovviamente questo blog si schiera contro qualsiasi tentativo di limitare ,ostacolare o tassare la libera espressione della rete.
Approfondimenti:
Punto Informatico
Beppe Grillo
Civile.it

6 commenti:

Anonimo ha detto...

«Registro per blog e siti internet»
Spunta un ddl con i limiti. Prc, Rnp e Verdi contro, rivolta nel web. Grillo: no al bavaglio governativo

MILANO — «Non finiscono mai di provarci — scrive Valentino Spataro, su civile.it —. Potessero, chiederebbero la carta d'identità a chiunque parli in pubblico». E Paolo De Andreis, su «Punto informatico»: «Questo disegno di legge è un errore macroscopico, frutto di ostinata ignoranza. Ma nessuno glielo contesterà». Sbagliava, almeno su questo punto, perché a difendere i diritti di Internet è scesa in campo la corazzata dei blog, Beppe Grillo. Con un post dei suoi, lapidario e apocalittico, che denuncia «il bavaglio dell'informazione» e annuncia «la fine della rete», nonché un suo eventuale trasloco «in uno Stato democratico».

A difendere il provvedimento sull'editoria licenziato in sordina il 12 ottobre dal Consiglio dei ministri, è dovuto intervenire Ricardo Franco Levi. Che ha scritto a Grillo: «Non vogliamo tappare la bocca di nessuno». Ma, viste le reazioni, difficilmente il Parlamento varerà la legge così com'è. La temuta museruola sarebbe occultata nell'articolo 7 del ddl, che prevede l'iscrizione al Roc, registro degli operatori di comunicazione, per chi svolge «attività editoriale su Internet ». Cioè (art. 5) ogni attività di «realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali... anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative». Quanto basta per infiammare la blogosfera. Si potrebbe obiettare che la registrazione è una formalità burocratica — fastidiosa quanto si vuole — ma ininfluente. Se non fosse che l'iscrizione «rileva anche ai fini dell'applicazione delle norme sui reati a mezzo stampa». Nel senso che blog e siti dovrebbero avere un editore e un direttore responsabile che risponderebbero di diffamazione a mezzo stampa (quindi aggravata). Di qui, secondo Grillo, «il rischio galera», perché i blogger risponderebbero per «omesso controllo» anche dei commenti. Franco Levi prova a rassicurare: «Vogliamo solo regolamentare il settore».

Quanto all'obbligo di registrazione, «non pensiamo al ragazzo che fa un proprio sito o blog», ma a «un vero e proprio prodotto editoriale ». Levi ammette che «la distinzione è sottile», ma appunto per questo sarà affidata al Garante per le comunicazioni. Il quale però, nella persona di Nicola D'Angelo, gela tutti: «Attenti o finirà che i blog si faranno dall'estero». Quanto alla responsabilità, spiega Levi, «le stesse regole che valgono per i giornali stampati devono valere per quelli online». Replica di Grillo: «È un perfetto paraculo prodiano». Antonio Di Pietro, fiutato il rischio impopolarità, si è precipitato a seguire le orme di Grillo. Scusandosi dal suo blog per non aver «intercettato» il disegno di legge, che pure ha firmato, e annunciando la sua contrarietà allo stesso, «a costo di mettere in discussione l'appoggio al governo». Altri stop arrivano da Verdi, Rifondazione e Rosa nel Pugno. Tra i blogger lo sconcerto e la rabbia montano e scatta perfino una petizione con 600 firme in un giorno. Massimo Mantellini ( Manteblog) parla dell'Italia come di «una landa tecnologicamente depressa». E Giuseppe Granieri, autore del libro «Blog generation » di «una norma inapplicabile e pericolosa che va contro la grammatica della rete, aperta alla libera interazione». Roberto D'Agostino ( Dagospia) è indignato: «Neanche in Cina c'è una legge così. Questo è un Paese dove i giornalisti possono finire ancora in galera per diffamazione. Io ho ricevuto decine di querele per diffamazione e vengo già equiparato a un editore». Luca Sofri ( Wittgenstein): «Diffido dagli eccessivi allarmismi di chi vede i blogger in galera, ma queste regole rigide sono una sciocchezza. I reati devono essere puniti ovunque siano commessi, in strada, sui giornali o sui blog. Detto questo, già ora non c'è affatto licenza di diffamazione in rete».

Alessandro Trocino

Anonimo ha detto...

Sto ricevendo moltissime email e commenti di critica sul disegno di legge
“Nuova disciplina dell’editoria e delega al Governo per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione nel settore editoriale”.
Una precisazione: il disegno di legge non è stato discusso nel Consiglio dei Ministri del 12 ottobre perchè presentato come provvedimento di normale routine.
Ho letto il testo oggi per la prima volta e la mia opinione è che vada immediatamente bloccato il disegno di legge che, nei fatti, metterebbe sotto tutela Internet in Italia e ne provocherebbe probabilmente la fine.

E’ una legge liberticida, contro l’informazione libera e contro i blogger che ogni giorno pubblicano articoli mai riportati da giornali e televisioni.
Io faccio parte del Governo e mi prendo le mie responsabilità per non aver intercettato il disegno di legge, ma per quanto mi riguarda questa legge non passerà mai, anche a costo di mettere in discussione l’appoggio dell’Italia dei Valori al Governo.

Anonimo ha detto...

Ricardo Franco Levi, braccio destro di Prodi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ha scritto un testo per tappare la bocca a Internet. Il disegno di legge è stato approvato in Consiglio dei ministri il 12 ottobre. Nessun ministro si è dissociato. Sul bavaglio all’informazione sotto sotto questi sono tutti d’accordo.
La legge Levi-Prodi prevede che chiunque abbia un blog o un sito debba registrarlo al ROC, un registro dell’Autorità delle Comunicazioni, produrre dei certificati, pagare un bollo, anche se fa informazione senza fini di lucro.
I blog nascono ogni secondo, chiunque può aprirne uno senza problemi e scrivere i suoi pensieri, pubblicare foto e video.
L’iter proposto da Levi limita, di fatto, l’accesso alla Rete.
Quale ragazzo si sottoporrebbe a questo iter per creare un blog?
La legge Levi-Prodi obbliga chiunque abbia un sito o un blog a dotarsi di una società editrice e ad avere un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile.
Il 99% chiuderebbe.
Il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura.
Il disegno di legge Levi-Prodi deve essere approvato dal Parlamento. Levi interrogato su che fine farà il blog di Beppe Grillo risponde da perfetto paraculo prodiano: “Non spetta al governo stabilirlo. Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà discussa e approvata dalle Camere”.
Prodi e Levi si riparano dietro a Parlamento e Autorità per le Comunicazioni, ma sono loro, e i ministri presenti al Consiglio dei ministri, i responsabili.
Se passa la legge sarà la fine della Rete in Italia.
Il mio blog non chiuderà, se sarò costretto mi trasferirò armi, bagagli e server in uno Stato democratico.

Anonimo ha detto...

Il governo approva e manda all'esame del Parlamento il testo che vuole cambiare le regole del gioco del mondo editoriale, per i giornali e anche per Internet. E' un disegno di legge complesso, 20 pagine, 35 articoli, che adesso comincia a seminare il panico in Rete. Chi ha un piccolo sito, perfino chi ha un blog personale vede all'orizzonte obblighi di registrazione, burocrazia, spese impreviste. Soprattutto teme sanzioni penali più forti in caso di diffamazione.

Articolo 6 del disegno di legge. C'è scritto che deve iscriversi al ROC, in uno speciale registro custodito dall'Autorità per le Comunicazioni, chiunque faccia "attività editoriale". L'Autorità non pretende soldi per l'iscrizione, ma l'operazione è faticosa e qualcuno tra i certificati necessari richiede il pagamento del bollo. Attività editoriale - continua il disegno di legge - significa inventare e distribuire un "prodotto editoriale" anche senza guadagnarci. E prodotto editoriale è tutto: è l'informazione, ma è anche qualcosa che "forma" o "intrattiene" il destinatario (articolo 2). I mezzi di diffusione di questo prodotto sono sullo stesso piano, Web incluso.

Scritte così, le nuove regole sembrano investire l'intero pianeta Internet, anche i siti più piccoli e soprattutto i blog.

Insomma: se una stretta ci sarà, questa si materializzerà solo tra molti mesi, dopo il passaggio parlamentare e dopo il varo del regolamento dell'Autorità. Ma nell'attesa vale la pena di preoccuparsi. Perché l'iscrizione al ROC - almeno nella formulazione attuale - non implica solo carte da bollo e burocrazia. Rischia soprattutto di aumentare le responsabilità penali per chi ha un sito.

Anche Internet, quindi, entrerebbe a pieno titolo nell'orbita delle norme penali sulla stampa. Ne può conseguire che ogni sito, se tenuto all'iscrizione al ROC, debba anche dotarsi di una società editrice e di un giornalista nel ruolo di direttore responsabile.

Anonimo ha detto...

Non ero a conoscenza di niente. E rimango senza parole. Ma.... siamo in Italia? Ma.... siamo in regime di democrazia o ci stiamo lentamente avviando ad una dittatura? Perchè se cosi fosse.. propongo di abbandonare il "Bel Paese" verso lidi migliori..

Anonimo ha detto...

Boing Boing, il terzo blog del mondo, ha scritto della legge Levi-Prodi. Il Governo ha fatto un figura mondiale di incompetenza. Levi, un signor Nessuno eletto da nessuno, ha spiegato che c’è stata, per mesi, una consultazione con tutti i protagonisti del settore per redigere la legge, inclusi gli edicolanti. I blogger sono stati esclusi. Gli operatori della Rete sono stati esclusi. Con chi ha parlato Levi? Con Berlusconi, con De Benedetti? Non certo con i ministri del Governo.
Non ha illustrato la legge al titolare del ministero delle Comunicazioni, quello che avrebbe dovuto scriverla.
Il Consiglio dei Ministri è un luogo ben strano. Vorrei poterlo filmare. Il 12 ottobre alla presentazione della Levi-Prodi chi c’era dormiva e se non dormiva pensava ad altro:
- “mi prendo la mia parte di responsabilità per non aver controllato personalmente e parola per parola il testo...che autorizza interpretazioni estensive che potrebbero limitare l’attività di molti siti e blog. Molto meglio lasciare le regole attuali...” Paolo Gentiloni, Ministro delle Comunicazioni
- “non è stato discusso nel Consiglio dei Ministri del 12 ottobre perchè presentato come provvedimento di normale routine.” Antonio Di Pietro, Ministro delle Infrastrutture
- “dico subito che quel giorno, dopo aver tentato di migliorare il decreto sul welfare, sono dovuto correre al Quirinale per premiare i giovani impegnati sul cambiamento climatico e non ho potuto seguire la norma che sta allarmando la Rete. Rileggendola oggi, mi sembra decisamente restrittiva per chi gestisce un blog o una pagina web.” Alfonso Pecoraro Scanio, Ministro dell’Ambiente

Per evitare altre brutte figure Prodi pubblichi prima le proposte del Consiglio on line, legga i commenti e poi proceda. I cittadini sarebbero informati e anche i Ministri.
La Commissione cultura della Camera esamina oggi la Levi-Prodi. Vorrei che la discussione sia resa pubblica con la possibilità di commentarla.
Levi ha dichiarato: “Per ogni legge, il passaggio parlamentare è l’occasione per migliorare i testi e, quando necessario, chiarire i punti ambigui”. La legge l’ha scritta lui su dettatura di Prodi. I casi sono due : Levi ci è o ci fa. Sicuramente ci ha provato. Questa volta sono stati presi con le mani nella marmellata. Ma quante volte ci hanno provato con successo senza che nessuno lo sapesse?