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Sgomberato un altro campo nomadi Trenta rom sono stati allontanati da una cascina di San Donato san donato In un paio d’ore hanno fatto i bagagli, quindi a gruppi e con biciclette cariche di valige e fagotti, hanno imboccato la strada tra i campi che collega la cascina diroccata ad un’area sudmilanese dislocata tra i comuni di San Donato e San Giuliano. Durante lo sgombero che è avvenuto ieri mattina a cascina San Francesco il gruppo di romeni non solo non ha opposto alcuna resistenza, ma si è mostrato rassegnato di fronte alla necessità di dover ancora una volta “cambiare indirizzo”. In campo, per l’intervento che ha assorbito l’intera mattinata, c’erano otto vigili e quattro carabinieri. Gli irregolari che da qualche mese si erano insediati negli ambienti meno diroccati dell’edificio di proprietà dell’immobiliare Asio, in base ad un primo sopralluogo erano circa una trentina, sebbene al momento delle operazioni il gruppo sembrava essersi già essersi sfoltito. Del resto per le famiglie che avevano trovato rifugio nella struttura fuori mano, quella di ieri mattina non è stata una sorpresa, dal momento che nei giorni scorsi le forze dell’ordine durante una perlustazione sul posto le avevano avvertite dell’imminente sgombero. Tra loro c’erano anziani, bambini, ragazzi, tutti indaffarati a smontare i loro alloggi e a finire di preparare i borsoni dove hanno riposto tutti gli averi, compresi gli arredi delle case, visto che in alcuni ambienti erano stati stesi anche i tappeti per terra. E se l’esterno della cascina è stato trasformato in una discarica a cielo aperto ospitando un cumulo di rifiuti, gli appartamenti di fortuna allestiti all’interno dell’antico complesso rurale sono apparsi decenti e ordinati. L’elettricità i nomadi erano riusciti a procurarsela, mentre la provvista idrica probabilmente ha richiesto qualche sforzo in più. Se ne sono andati malvolentieri. Erano scontenti gli anziani che si rincuoravano l’un l’altro, così come anche i più piccoli non hanno nascosto un certo disappunto. «Dove andremo adesso?» chiedeva a chiunque gli capitasse a tiro un’anziana con la sigaretta in bocca, sconsolata, ma dallo sguardo di chi ne ha passate molte. «Io ho tre figli - ha rincalzato una donna dal temperamento tenace -. Ora che ci mandano via rischiamo di finire per strada». Intanto un ragazzino ha continuato a domandare: «Perché ci mandano via? È vero che dobbiamo andarcene? C’è pericolo che crollino le case?». Interrogativi animati da una ferma convinzione: «Io in Romania non ci voglio tornare: fa troppo caldo, non piove mai, manca l’acqua». In particolare le donne, indubbiamente la rappresentanza più vivace e numerosa, si sono mostrate preoccupate per l’ardua impresa di doversi reperire un nuovo tetto. Parlavano fitto nella loro lingua, mentre accastavano, come da istruzioni, i bagagli in un luogo all’esterno della cascina, pronti a rimettersi in viaggio in cerca di una soluzione che durerà il tempo di un nuovo sgombero. Situazione di fortuna a cui i rom sono abituati. Alcuni di loro hanno spiegato di aver trascorso in quel tratto di San Donato qualche mese, altri anche meno. Non è la prima volta del resto che le vecchie mura del complesso agricolo in rovina ospitano presenze irregolari, sebbene in passato si è sempre trattato di nuclei di minor portata; nella circostanza era stata sufficiente l’intimazione ad andarsene. In questo caso la situazione ha richiesto un vero e proprio sgombero, a cui dovranno seguire opere da parte della proprietà per proteggere l’edificio da nuove intrusioni. I lavori in programma si sommeranno a quelli già effettuati, come dimostrano anche le sbarre alle finestre e gli altri accorgimenti introdotti. Misure che, per il momento, non sono state comunque sufficienti a fermare gruppi di rom mossi dalla necessità di individuare un rifugio. Giulia Cerboni 28 agosto 2007
Giovani coppie residenti,ragazzini che possono giocare liberamente,ampi spazi verdi e nessun problema di traffico automobilistico. Una situazione gradita ed apprezzata da chi ha scelto di abitare a Poasco. Poasco,alle porte di Milano,è il nostro borgo. A pochi metri dalla metropoli meneghina eppure immersa in una dimensione gradevole e leggera di campagna e di cascine.
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Sgomberato un altro campo nomadi
Trenta rom sono stati allontanati da una cascina di San Donato
san donato In un paio d’ore hanno fatto i bagagli, quindi a gruppi e con biciclette cariche di valige e fagotti, hanno imboccato la strada tra i campi che collega la cascina diroccata ad un’area sudmilanese dislocata tra i comuni di San Donato e San Giuliano. Durante lo sgombero che è avvenuto ieri mattina a cascina San Francesco il gruppo di romeni non solo non ha opposto alcuna resistenza, ma si è mostrato rassegnato di fronte alla necessità di dover ancora una volta “cambiare indirizzo”. In campo, per l’intervento che ha assorbito l’intera mattinata, c’erano otto vigili e quattro carabinieri. Gli irregolari che da qualche mese si erano insediati negli ambienti meno diroccati dell’edificio di proprietà dell’immobiliare Asio, in base ad un primo sopralluogo erano circa una trentina, sebbene al momento delle operazioni il gruppo sembrava essersi già essersi sfoltito. Del resto per le famiglie che avevano trovato rifugio nella struttura fuori mano, quella di ieri mattina non è stata una sorpresa, dal momento che nei giorni scorsi le forze dell’ordine durante una perlustazione sul posto le avevano avvertite dell’imminente sgombero. Tra loro c’erano anziani, bambini, ragazzi, tutti indaffarati a smontare i loro alloggi e a finire di preparare i borsoni dove hanno riposto tutti gli averi, compresi gli arredi delle case, visto che in alcuni ambienti erano stati stesi anche i tappeti per terra. E se l’esterno della cascina è stato trasformato in una discarica a cielo aperto ospitando un cumulo di rifiuti, gli appartamenti di fortuna allestiti all’interno dell’antico complesso rurale sono apparsi decenti e ordinati. L’elettricità i nomadi erano riusciti a procurarsela, mentre la provvista idrica probabilmente ha richiesto qualche sforzo in più. Se ne sono andati malvolentieri. Erano scontenti gli anziani che si rincuoravano l’un l’altro, così come anche i più piccoli non hanno nascosto un certo disappunto. «Dove andremo adesso?» chiedeva a chiunque gli capitasse a tiro un’anziana con la sigaretta in bocca, sconsolata, ma dallo sguardo di chi ne ha passate molte. «Io ho tre figli - ha rincalzato una donna dal temperamento tenace -. Ora che ci mandano via rischiamo di finire per strada». Intanto un ragazzino ha continuato a domandare: «Perché ci mandano via? È vero che dobbiamo andarcene? C’è pericolo che crollino le case?». Interrogativi animati da una ferma convinzione: «Io in Romania non ci voglio tornare: fa troppo caldo, non piove mai, manca l’acqua». In particolare le donne, indubbiamente la rappresentanza più vivace e numerosa, si sono mostrate preoccupate per l’ardua impresa di doversi reperire un nuovo tetto. Parlavano fitto nella loro lingua, mentre accastavano, come da istruzioni, i bagagli in un luogo all’esterno della cascina, pronti a rimettersi in viaggio in cerca di una soluzione che durerà il tempo di un nuovo sgombero. Situazione di fortuna a cui i rom sono abituati. Alcuni di loro hanno spiegato di aver trascorso in quel tratto di San Donato qualche mese, altri anche meno. Non è la prima volta del resto che le vecchie mura del complesso agricolo in rovina ospitano presenze irregolari, sebbene in passato si è sempre trattato di nuclei di minor portata; nella circostanza era stata sufficiente l’intimazione ad andarsene. In questo caso la situazione ha richiesto un vero e proprio sgombero, a cui dovranno seguire opere da parte della proprietà per proteggere l’edificio da nuove intrusioni. I lavori in programma si sommeranno a quelli già effettuati, come dimostrano anche le sbarre alle finestre e gli altri accorgimenti introdotti. Misure che, per il momento, non sono state comunque sufficienti a fermare gruppi di rom mossi dalla necessità di individuare un rifugio.
Giulia Cerboni 28 agosto 2007
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